Il bambino autistico e il suo mondo

5

“…essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che è normale per altre persone non è normale per me e quello che io ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal “equipaggiato” per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come orientarsi.”

(Jim Sinclair, in Peeters, 1998, p.5)
La parola autismo deriva dal greco “autos” (se stesso) e ci rimanda subito alla mente l’immagine di bambini introversi, con gli occhi quasi velati, nascosti, assenti, completamente ripiegati su se stessi, ma ci fa pensare anche al concetto di egocentrismo, quando abbiamo davanti l’immagine di bambini arrabbiati, che urlano, e sono aggressivi con se stessi e gli altri. In realtà un bambino autistico non è solo questo.

L’autismo è una sindrome comportamentale,  causata da un disordine dello sviluppo, biologicamente determinato e con esordio nei primi 3 anni di vita.

Analizzando meglio questa definizione possiamo dire che:

  1. È una sindrome comportamentale quindi riguarda il “modo” in cui il bambino sente, vive e interagisce con il mondo e con gli altri
  2. È caratterizzata da un disordine dello sviluppo, quindi, sebbene sia molto spesso associata anche ad un ritardo mentale, in realtà non siamo davanti ad un ritardo nello sviluppo, ma ad uno sviluppo che segue un percorso diverso se confrontato con i modelli “normali”; possiamo definire lo sviluppo di questi bambini “a macchia di leopardo”, per la presenza contemporanea di aree di competenza  integre e di abilità deficitarie (un bambino di 5 anni che fa incastri di puzzle ma non parla), ma anche “non lineare” per la possibilità che fasi di sviluppo siano state “saltate” mentre sono presenti abilità di fasi successive o ci siano improvvise regressioni di competenze acquisite.
  3. L’autismo è determinato biologicamente, per cui la causa, seppure ad oggi incerta, va ricercata nelle caratteristiche genetiche e nello sviluppo intrauterino del cervello, anche se vi sono molte ricerche più o meno attendibili sulla possibile interazione di agenti ambientali.
  4. L’esordio è molto precoce, nei primi tre anni di vita, periodo nel quale solitamente i genitori cominciano a notare che qualcosa non va nel loro bambino e spesso si rivolgono ad altri specialisti per indagare una possibile forma di sordità o addirittura cecità.

Ma come vede, sente e percepisce il  mondo un bambino autistico?

Rispondere a questa domanda è molto complesso poiché, come ho letto da qualche parte, “se conosci un bambino autistico…conosci un bambino autistico”. Sempre di più oggi si parla infatti non di autismo ma di AUTISMI e una diagnosi, per quanto accurata e necessaria, non ci dice nulla sul modo particolare e personale di funzionare e sentire di questi bambini.

In generale, però, possiamo sostenere che le compromissioni e le peculiarità dello sviluppo interessano  principalmente 3 aree di sviluppo:

La comunicazione sociale.
In quest’area possiamo trovare bambini con deficit di gravità molto diverso tra loro. Alcuni, infatti, hanno compromissioni del linguaggio verbale molto gravi fino alla sua totale assenza, mentre per altri lo sviluppo risulta atipico e il linguaggio viene utilizzato in modo insolito. Le modalità comunicative che più colpiscono sono l’assenza parziale o totale dello sguardo usato per comunicare e la difficoltà di usare gesti e parole per condividere pensieri ed emozioni  con l’altro.

Il bambino con autismo può presentare anche manifestazioni ecolaliche, cioè ripetere ciò che sente “a pappagallo” senza una reale intenzione comunicativa. Un’altra difficoltà evidente è la capacità di interpretare le nostre comunicazioni considerando il linguaggio del corpo, il tono o l’ironia ma è altrettanto difficile comprendere il loro comportamento non verbale che raramente corrisponde a ciò che stanno dicendo. In altre parole la compromissione della comunicazione riguarda non solo la capacità di parlare, che può essere presente o assente, ma l’utilizzo che il bambino riesce a fare del proprio linguaggio a fini comunicativi e sociali.

L’interazione sociale reciproca.

Le difficoltà in quest’area sono le prime ad essere osservate dalle mamme già nei primissimi mesi di vita, dove si osserva la mancanza di sorriso sociale, utilizzato dal bambino in risposta alle sollecitazioni materne e come espressione della reciprocità, la rarità nell’utilizzo dello sguardo sociale e la difficoltà nell’attenzione congiunta, cioè la possibilità di condividere con l’altro emozioni e sentimenti a partire dall’osservazione di uno stesso oggetto o evento interessante. Con la crescita i segnali diventano sempre più caratteristici e il bambino appare isolato, come “disinteressato” agli altri, alle loro attività e  senza la volontà di condividere con il mondo esterno. Questi bambini, soprattutto se è presente il linguaggio, spesso vengono considerati maleducati (ad esempio quando non rispondono se chiamati) e si pensa che non siano interessati alle relazioni. In realtà tutto questo dipende dall’incapacità di questi bambini di apprendere in modo spontaneo e naturale le “regole” dell’interazione che gli altri imparano già nei primi mesi di vita attraverso l’imitazione, le prime interazioni significative e consolidano attraverso lo sviluppo della capacità di prevedere e comprendere le azioni degli altri. La compromissione di questa abilità rende il mondo per il bambino autistico un posto scomodo, sempre sconosciuto e diverso, una terra di nessuno popolata da persone che parlano una lingua straniera e che compiono una serie di gesti difficilmente interpretabili. Ovviamente tutto questo non è MAI un fenomeno tutto o nulla e tale difficoltà di modulazione può portare il bambino anche, al contrario, a sviluppare degli eccessi nell’interazione, ricercando attivamente ma inadeguatamente il contatto, la relazione, in difficoltà allo stesso modo nell’imparare e padroneggiare quelle regole sociali di cui abbiamo parlato.

Comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati.

Non è raro accorgersi di un bambino autistico per la presenza di movimenti delle mani, del busto o di altre parti del corpo in maniera ripetitiva e cadenzata. Queste forme di agitazione motoria possono avere diverse funzioni, ma in generale possiamo dire che aiutano il bambino a calmarsi e consolarsi, proteggersi, autostimolarsi o comunicare un disagio e non andrebbero comunque mai ignorate se si vuole comprendere come si sente o cosa ci vuole dire in un particolare momento. Un altro elemento tipico di questi bambini è il modo di giocare. Il gioco è infatti scarsamente sociale e simbolico (es. una spazzola non viene utilizzata come un microfono, un bastone non diventa una spada), gli oggetti spesso non vengono usati per la loro funzione ma ordinati, toccati e osservati per alcune caratteristiche (macchinine ordinate in lunghe file per colore / giocattoli scelti in base al loro odore). Queste azioni spesso diventano una preoccupazione intensa e persistente per i bambini che possono avere reazioni emotive e fisiche anche molto forti davanti all’impossibilità di continuare la loro attività o allo spostamento di oggetti o parti del loro ambiente. I comportamenti e gli interessi sono, infatti, ristretti, stereotipati e ripetitivi in modo da creare un certo grado di ordine nell’instabilità del mondo che li circonda con stimoli sempre diversi e indecifrabili.

A questo proposito un altro elemento molto importante per tentare di comprendere il mondo visto dagli occhi di un bambino autistico è la percezione con i suoi processi sensoriali.

La percezione è forse l’abilità cognitiva più importante per lo sviluppo perché i bambini imparano a conoscere il mondo e a relazionarsi con esso a partire da ciò che vedono, sentono e toccano intorno a loro. Ovviamente ognuno di noi ha un canale percettivo preferenziale o più sviluppato di un altro, ma comunque questo ci permette di orientarci nel mondo e dare un significato alle cose. I bambini autistici non hanno un deficit rispetto ad una o più area percettive (ovviamente possono averlo ma questa non è una caratteristica propria della sindrome) ma una percezione degli stimoli sensoriali sostanzialmente diversa dagli altri bambini e anche tra loro. Quindi possiamo trovare bambini ipersensibili ai rumori forti o a certe frequenze di suono ed altri a cui piace sentire musica a tutto volume. Altri bambini possono risultare ipersensibili al contatto e quindi rifiutarlo o avere reazioni aggressive se vengono toccati ed altri possono risultare insensibili al dolore e provocarsi lesioni senza accorgersene o lamentarsi. Possono inoltre avere delle preferenze molto radicate e forti verso un sapore, il colore di un cibo e la sua consistenza e rifiutarsi di toccare, mangiare o stare a contatto con tutto il resto. Accanto alle anomalie sensoriali infatti coesiste anche una difficoltà nel processare questi stimoli, dargli un ordine e un senso globale, distogliendo l’attenzione dal dettaglio per concentrarsi sull’insieme. Inoltre tutte queste caratteristiche, che rendono  questi bambini estremamente diversi l’uno dall’altro, possono anche variare nel corso del tempo, da una fase di sviluppo all’altra o in relazione all’ambiente.

Per concludere dobbiamo aggiungere che queste sono solo alcune delle caratteristiche di questi bambini che comunque evolveranno con loro per tutto il corso della vita e possono andare in contro a modificazioni anche grazie  alle terapie ad oggi più utilizzate.

Un professore mi disse: “prova a pensare di essere catapultata improvvisamente in un posto sconosciuto, dove tutti parlano un’altra lingua, si muovono, parlano e ridono per cose che non comprendi, dove il rumore è troppo forte per farti sentire ogni parola, i colori troppo accecanti per farti distinguere gli oggetti dalle persone e i dettagli che attirano la tua attenzione così piccoli e numerosi che non basterebbe una vita per osservarli e analizzarli tutti…bene, adesso hai solo una vaga idea di come possa vedere una persona autistica.”

Dott.ssa Serena Russini
sere.russini@gmail.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Serena Russini, classe ’86, laureata in Psicologia dinamico-clinica nell’infanzia, nell’adolescenza e nella famiglia.

È “Operatore dei servizi per il sostegno, l’assistenza e la cura di persone disabili affette da Disturbi dello spettro Autistico compresa la Sindrome di Asperger” e collabora da alcuni anni con l’ Associazione Italiana Persone Down (AIPD) sez. Castelli Romani Onlus.